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Il pensiero del musicista dalle sue parole
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Sergio Calligaris
Il pensiero del musicista dalle sue parole

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Riproduzione AcrobatReader© articolo de Il Settimanale di Padre Pio (1197kB)Il Settimanale di Padre Pio, Anno V - N.49
(Associazione «Il Settimanale di Padre Pio»)
10 dicembre 2006 (pag.24):

Un incontro con Sergio Calligaris
di Maurizio Brunetti

Sergio Calligaris, pianista e noto compositore argentino, ci parla della sua Opera 47, un Panis Angelicus per pianoforte e coro misto o quartetto vocale, composto nel 2005 e dedicato al papa Benedetto XVI, a cui tributa una profonda venerazione.

Nel tentativo di resistere a quella tendenza di ritenere obsoleti i libri e i documenti scritti solo…l'altro ieri, vorremmo recuperare una piccola perla nel mare magnum del Magistero di Giovanni Paolo II. Si tratta della "Lettera agli artisti" pubblicata il 4 Aprile 1999. In questa occasione il Santo Padre definiva gli artisti "geniali costruttori di bellezza" e li invitava a "riscoprire la profondità spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo l'arte nelle sue più nobili forme espressive". È inutile nascondercelo: questa definizione e questo invito, insieme all'augurio finale di contribuire "all'affermarsi di una bellezza autentica che, quasi riverbero dello Spirito di Dio, trasfiguri la materia, aprendo gli animi al senso dell'eterno" ci suonano un po' bizzarri, vivendo in un mondo che non copre di ridicolo, ma anzi applaude e gratifica economicamente, coloro che, come opere d'arte, espongono alle mostre le deiezioni del proprio corpo!
A ben guardare, tuttavia, quella Lettera aveva ed ha degli interlocutori: uomini che mettono la propria creatività al servizio della bellezza o, per esprimerci ancora con le parole di Giovanni Paolo II, quanti con appassionata dedizione cercano della bellezza "nuove epifanie per farne dono al mondo".
Tra questi, crediamo vi sia, infatti, il pianista e compositore di fama mondiale Sergio Calligaris. Nato in Argentina, dopo aver avuto esperienze didattiche e concertistiche negli Stati Uniti, si è stabilito in Italia assumendone la cittadinanza. Vive a Roma dal 1974.

Maestro, la sua op. 47 è un Panis Angelicus per pianoforte e coro misto o quartetto vocale (ad libitum). Ce ne vuole parlare?

Ho terminato di comporre questa opera nel 2005 a Rocca di Mezzo, la località abruzzese dove passo da qualche anno i mesi estivi trovando nella bellezza del luogo una feconda fonte di ispirazione. Il teologo don Silvano Quattrin mi aveva sottoposto il testo latino segnalandomi, in particolare, che la seconda strofa di questo inno scritto da S. Tommaso d'Aquino non era mai stata musicata. Mi sono messo al lavoro, e ho provato a descrivere nella mia composizione la tensione di ogni uomo che, ferito a causa del peccato, trova nell'Eucaristia una guida per approdare ad lucem quam inhabitas, alla contemplazione eterna di Dio nel Paradiso.

In altre sue interviste, lei si è dichiarato cattolico e devoto alla Madonna e vanta una collaborazione più che trentennale con la Radio Vaticana. Condivide l'opinione di don Domenico Bartolucci, recentemente ritornato alla direzione del coro della Cappella Sistina, circa la mancanza di senso liturgico dei compositori contemporanei?

Sicuramente il maestro Bartolucci fa bene ad auspicare il ritorno nella liturgia della musica di Palestrina e del canto gregoriano, che rimangono un mezzo straordinario per rendere percepibile il mondo dello Spirito. Il fatto che non sia possibile avere a disposizione di ogni Parrocchia un coro capace di cantare bene della musica "colta", non è una scusa sufficiente per proporre musica brutta…cantata male! Certi canti che si ascoltano in chiesa, poi, sembrano una copia scadente della musica popolare di trenta anni fa, e la loro mediocrità è troppo spesso incompatibile con la dignità del…Padrone di casa!
È anche vero che la musica sacra dei compositori contemporanei, penso ad esempio ad opere come il Requiem polacco di Krzysztof Penderecki, è caratterizzata da una complessità che la rende forse inadatta a una sua esecuzione nell'ambito della liturgia. Non fa eccezione il mio stesso Requiem, che ultimai nel 1984 e scrissi dopo la morte di mia madre, che è una composizione per coro misto, tre voci maschili, due pianoforti e percussioni. Ha un amplissimo respiro ed è impegnativo sia per il coro che per gli esecutori al piano, alle prese con passaggi di difficoltà trascendentale.

Anche il Panis Angelicus ha una scrittura pianistica molto densa…

Ed è questa la ragione per cui ho approntato una versione dello stesso pezzo per pianoforte solo. I momenti lirici si alternano con passaggi talvolta dissonanti. Credo tuttavia che l'emergere in un orizzonte armonico non del tutto atonale di quarte eccedenti e di un cromatismo tipico di molte esperienze musicali post-hindemithiane non disorienti -in questa, come nelle altre mie opere- l'ascoltatore. Chi vorrà ascoltare le tracce di miei lavori disponibili sul sito scoprirà che non sono tra quelli che, per evitare l'accusa di passatista, evitano, con scrupolosità maniacale, il ricorso ad accordi minori o maggiori!

Che cosa l'ha spinta a dedicare questo suo lavoro a papa Benedetto XVI?

È del tutto naturale che un musicista come me si senta particolarmente legato a un Papa che decise di terminare la sua prima giornata da Pontefice suonando Mozart al pianoforte!
Al di là della battuta, e della profonda venerazione che tributo al Papa come cattolico, sento lo "stile" del Santo Padre incredibilmente in sintonia con i miei parametri estetici. Proprio come in molti testi dei Dottori della Chiesa, nei suoi scritti e nei suoi discorsi l'ansia di evangelizzare è indissolubilmente legata al rigore formale, al carattere serrato del ragionamento! Io credo che la tensione di una creazione artistica verso la realizzazione della bellezza può realizzarsi solo se l'ispirazione poetica viene sorretta da forme logiche e coerenti. Ecco perché la mia musica è molto "pensata" e rispetta meticolosamente le logiche del contrappunto.
Naturalmente, quando si ha successo nel comunicare un'emozione estetica a chi ascolta, c'è sempre il rischio di scontentare qualcuno che, magari, avrebbe apprezzato un pezzo più sperimentale, più "moderno"; devo dire tuttavia che il grande pubblico premia questo mio atteggiamento artistico ispirato alla sincerità, ama la mia musica ed applaude calorosamente ai concerti. Succede qualche cosa di simile a papa Benedetto quando rifugge l'uso del moderno e non sempre immediatamente comprensibile ecclesialese: uno stile, questo, capace certamente di smussare gli angoli, di edulcorare, di sfumare, di non offendere nessuno, ma che è soprattutto…noioso!
Joseph Ratzinger, invece, in compagnia di vescovi coraggiosi come Carlo Caffarra -coinvolto tra l'altro nella genesi del mio Ave Verum op. 42- preferisce proporci tutta la Verità, non risparmiandoci quei risvolti che sono più lontani dalla mentalità del mondo moderno: uno stile che scontenterà qualche teologo à la page e qualche opinion maker di successo, ma che scalderà in compenso il cuore dei fedeli esaltando, anche al palato dei non credenti, la sapidità degli insegnamenti di Colui di cui Benedetto XVI è il vicario su questa terra.

Maurizio Brunetti nell'abitazione di Sergio Calligaris (Roma, 24 marzo 2006).
Maurizio Brunetti nell'abitazione di Sergio Calligaris
(Roma, 24 marzo 2006).

Maurizio Brunetti è un matematico. Insegna presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università "Federico II" di Napoli in qualità di ricercatore. Ha conseguito il Dottorato in Matematica in Italia e il Ph.D. all'Università di Warwick (UK). La sua attività di ricerca si svolge nell'ambito della Topologia algebrica. I suoi lavori scientifici sono apparsi su riviste specializzate e presentate in occasione di convegni internazionali.
Collaboratore de Il Settimanale di Padre Pio sin dal primo numero, vi ha pubblicato diversi articoli sul rapporto tra fede e scienza.

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A cura di Renzo Trabucco: Pagina aggiornata al 16/07/2007
Materiali©Nuova Carisch s.r.l.

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